Se sei curioso e stai cercando informazioni sul logo aziendale, in questo articolo potrai conoscere la storia del logo fin dalle origini e la sua evoluzione fino ai giorni nostri. Scoprirai quanto è importante avere un logo aziendale che identifica in modo efficace e originale la tua azienda o il tuo prodotto.
Definizione, etimologia e caratteristiche del logo
Secondo il dizionario on line (treccani.it) il lógo, nel suo significato pubblicitario, è la forma abbreviata di logotipo, nome di una azienda o di un prodotto trattato con elementi grafici caratterizzanti che non ne impediscono la leggibilità. Dal greco λόγος (leggi: logos) “parola, discorso”.
Il sostantivo greco λόγος si riconduce al verbo λέγω (leggi: lego) la cui radice leg- esprime l’attività del mettere assieme, del raccogliere, del radunare.
La raccolta presuppone la scelta dei singoli elementi e la loro unificazione.
Quando si raccolgono le parole, al posto delle cose, i composti di λέγω prendono il significato di dire, parlare, raccontare.
C’è quindi un concetto fondamentale sottinteso nella parola λόγος: la sintesi.
Essa agisce come principio unificante nell’ordinamento delle cose materiali o delle parole.
La sintesi consente di creare nessi e relazioni, unificando i dati dell’esperienza, come il saggio che sa cogliere l’unità nella molteplicità.
Il logo, per l’appunto, come termine usato nel settore pubblicitario, non ha perso il suo significato intrinseco: esso non è altro che un complesso lavoro di sintesi.
Il logo è il riassunto visuale attraverso il quale si esprimono la storia, i valori e la personalità di un’azienda.
È un simbolo che suggerisce e crea associazioni, consegnandoci il suo messaggio speciale.
Andiamo a vedere alcune delle sue principali caratteristiche.
Che cos’è e a cosa serve il logo aziendale
Il logo sintetizza ciò che siamo, possiamo quindi definirlo il “volto” della nostra azienda e l’anima della nostra Brand Identity.
È la stretta di mano che ci presenta al consumatore ed imprime in lui la così detta prima impressione.
È perciò lo strumento di comunicazione per eccellenza perché dice chi siamo e, al contempo, ci distingue dai competitor.
Da cosa è formato un logotipo
Il logo è costituito dalla trasposizione grafica del nome, o semplicemente da un simbolo, ovvero qualcosa di non leggibile o pronunciabile (marchio, pittogramma).
Il logo può anche essere l’insieme di questi elementi, quindi la scritta più il disegno.
Può essere accompagnato
Il logo può esistere affiancato da un pay-off, una frase breve che riassume i valori aziendali.
La promessa che l’azienda lancia al suo pubblico si condensa in poche parole, che la rendono attraente e riconoscibile.
Un Pay-off esemplare è quello di “Nokia, connecting People” in cui la dichiarazione d’intenti è resa chiara, appunto, dall’impegno preso di connettere le persone.
Può essere registrato
Il logo è uno di quegli elementi della brand identity che può essere registrato all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.
Questo passaggio non è obbligatorio ma è fondamentale se si desidera che il logo sia protetto dalla legge.
Dove possiamo trovare il logo aziendale
Il logo deve essere posizionato ovunque siano rappresentati il prodotto, l’azienda e il brand.
Lo troveremo, quindi, sia sui dispositivi analogici che in quelli digitali (siti internet, comunicazioni aziendali, brochure, packaging, etc…)
Può essere modificato nel tempo
Nel caso in cui il nostro logo aziendale sia datato e cerchiamo un nuovo punto di partenza, dobbiamo dedicarci al suo restyling.
Presentarci al pubblico con un’immagine di noi stilisticamente ancorata al passato può dare un’impressione di rinuncia all’apertura verso le nuove possibilità che il futuro può offrire.
Il rinnovamento avviene quindi sia per stare al passo coi tempi, ma anche per raccontare l’evoluzione della nostra azienda.
Non vuol dire quindi partire da zero: significa dare continuità al nostro passato apportando modifiche innovative al vecchio marchio, allo scopo di dargli un aspetto fresco e moderno.
Origini ed evoluzione del logo
Il logo dell’epoca contemporanea è senz’altro frutto della globalizzazione, ma scavando un po’ a fondo ci possiamo rendere conto che non si tratta solamente di questo.
Probabilmente non c’è un solo modo in cui le cose si sono evolute, ma è stato comunque possibile trovare, nella storia, dei manufatti con caratteristiche tali da poterli associare al logo che conosciamo noi.
In questa breve sintesi cercheremo di illustrare i passaggi più rilevanti che hanno contribuito alla sua nascita.
L’antica Grecia
Il logo trova le sue origini più remote nell’antica Grecia e, in particolar modo, nel sistema monetario del periodo ellenistico (323 a.C. – 31a.c).
Incise sulle monete, infatti, troviamo sia figure che scritte: su un lato il ritratto di una persona reale (e prima di una divinità), mentre sul retro appare il nome del governatore che rappresentava (per saperne di più).
Le monete non erano utilizzate solo per il loro valore commerciale, ma erano anche un veicolo propagandistico eccezionale per l’epoca.
Successivamente anche Roma capirà la potenzialità del mezzo andando ad arricchire ulteriormente le informazioni contenute nelle monete.
Queste rappresentano quindi i primi loghi dei governanti perché, grazie al passamano, distribuivano un messaggio a tutto il mondo commercialmente conosciuto fino ad allora.
Il Medioevo
Nell’antica Roma, poi, le legioni usavano bandiere o vessilli militari come segni di riconoscimento.
Generalmente erano posti su di un’asta che veniva portata in battaglia, ma successivamente nacque l’esigenza di dipingerli direttamente sugli scudi in modo da avere un’immediata identificazione dei cavalieri, che altrimenti non potevano essere riconosciuti poiché totalmente ricoperti dall’armatura.
Nel XII secolo abbiamo inoltre la proliferazione dei sigilli nei contratti, nei testamenti, nelle lettere, etc…
Questi avevano lo scopo di autenticare i documenti ufficiali e attribuire un segno (marchio) personale e riconoscibile.
La fusione degli emblemi sugli scudi e quelli sui sigilli ha dato vita, nella prima metà del XIII secolo, allo stemma, un contrassegno stabile costituito da figure e scritte.
Esso aveva diverse funzioni:
- quella primaria di riconoscimento
- di prestigio (era una sorta di status symbol che garantiva rilievo all’interno della società)
- di marchio di proprietà (quando veniva scolpito sui palazzi o sulle porte di accesso alla città, stava ad indicare il diritto di giurisdizione e di dominio)
L’evoluzione nella storia moderna
Col Rinascimento, periodo definito da nuove pratiche commerciali, ritroviamo una sorta di logo aziendale nel mondo dei fabbricanti: questo era nei segni che gli orefici imprimevano sull’oro, o nelle impronte digitali lasciate sulle ceramiche dai vasai o, ancora, nelle filigrane dei fabbricanti di carta. Quest’ultime in particolare conferivano una precisa identità a ciascun foglio permettendo di risalire alla cartiera di produzione, alla qualità, al formato e, in molti casi, vi erano apposti anche i nomi degli artefici.
Tra il XV e XVI sec. d.c. fino a giungere all’epoca vittoriana, gli stemmi delle casate erano addobbati con motivi decorativi sempre più ricchi, tanto da nuocere alla loro leggibilità.
Il logo nella storia contemporanea
All’epoca vittoriana risale il più antico logo mai registrato: quello della ditta americana di vernici Averill, del 1870.
Esso rappresentava un’aquila sopra alla città di Chicago con un pennello nel becco e uno stendardo con la scritta: “Economical, beautiful, durable” (per approfondire clicca QUI).
In Europa, cinque anni più tardi, il Birrificio inglese Bass Brewery registrò il logo con il celebre triangolo rosso, simbolo sopravvissuto fino ai giorni nostri e divenuto parte integrante della sua identità.
Jens Muller, un grafich designer di origine tedesca, nel 2021 pubblicò il libro “Logo Beginnings”, una raccolta con più di 6000 loghi esistiti tra il 1870 ed il 1940.
In un’intervista alla CNN egli spiega che tutto ebbe inizio con l’industrializzazione.
“Fu allora che il mercato travalicò i confini del commercio regionale per espandersi a macchia d’olio nel mondo.”
Pertanto naque la necessità di identificare la propria azienda con un simbolo che ne raccontasse la storia e la missione.
ANNI ’30
Negli anni ‘30 del secolo scorso si comincia quindi a riconoscere la potenza del logo e a semplificarlo.
Inizialmente, infatti, si ricorreva spesso allo stile figurativo che gradualmente lascia spazio a segni sempre più astratti.
È interessante notare come l’evoluzione dello stemma, antenato del logo, abbia intrapreso il percorso opposto: da simboli molto semplici a decorazioni sempre più ricche.
ANNI ’70
Ricordiamo come i loghi – fino agli anni ‘70 – fossero degli elementi del prodotto da nascondere: in un paio di pantaloni, ad esempio, il logo veniva apposto nella parte interna della tasca, per non essere troppo notato.
Oggi, diversamente, esso diventa un “surrogato di nobiltà” che desideriamo mostrare.
I loghi sono dappertutto e visibili a tutti.
IERI E OGGI: LA STORIA CONTINUA
L’antico legame con gli emblemi si riscontra ancora oggi.
Alcuni brand, infatti, hanno inizialmente adottato come logo stemmi del passato, come nel caso del cavallino rampante della Ferrari, che era lo stemma araldico del 2° Reggimento di Cavalleria “Piemonte Reale”, o il leone della Peugeot preso direttamente dallo stemma dei conti di Borgogna (fonte Il Sole 24 Ore).
L’era del digitale ha infine introdotto sempre più fortemente il flat design, uno stile minimalista con una grafica pulita che si adatta facilmente ad ogni supporto e contesto.
QUALE SARÀ LA TENDENZA DEL FUTURO?
E chi può saperlo con certezza? Non ci resta che… viverlo!
Il processo creativo: come nasce un logo
I passaggi che portano alla creazione di un logotipo sono 7 e tutti meritano di essere menzionati.
Il brief
Prima di iniziare qualsiasi progetto il cliente consegna allo studio grafico il brief, un documento informativo in cui vengono indicati i valori e la storia che si vorrebbero comunicare attraverso il proprio logo aziendale, gli obiettivi che si vogliono raggiungere, le specifiche del pubblico di riferimento e tutti i dati utili per poter effettuare un’eventuale ricerca di mercato e comprendere al meglio le buyer personas.
Il brief è sempre accompagnato da una riunione conoscitiva in presenza. Lo Studio Pasquariello dà particolare rilevanza a questo incontro perché offre la possibilità di ascoltare il cliente in modo attivo, focalizzando l’attenzione su di lui/lei e sulle sue reali necessità.
Il confronto vis-à-vis è sempre un momento prezioso che aiuta a farci entrare in sintonia per perseguire gli stessi obiettivi.
La ricerca
Non appena si hanno in mano tutti i dati necessari, è possibile dedicarsi al secondo step: un accurato esame di tutta la comunicazione fatta dal nostro cliente fino a quel momento.
Il passato di un’azienda è parte integrante della sua identità presente, perciò è d’obbligo conoscere anche questo aspetto.
Non solo.
Il compito dell’agenzia di comunicazione, inoltre, è quello di individuare e studiare i competitor dell’azienda cliente.
Questa analisi permette di acquisire maggiore consapevolezza delle realtà di mercato e quindi sviluppare strategie e attuare scelte stilistiche efficaci.
Il brainstorming
È un metodo decisionale usato soprattutto nel settore della comunicazione e pubblicità in cui si ricercano spunti creativi mediante meeting intensivi tra collaboratori: lo scopo è mettere liberamente a confronto le reciproche idee.
Letteralmente significa “tempesta di cervelli” perché la tecnica implica spontaneità e immediatezza alla base del processo creativo.
Coinvolge tutto il team in un acceso dibattito e sottintende il saper fare buon uso di tutta l’esperienza, cultura e sensibilità specifica di ognuno: sono questi infatti gli ingredienti alla base di un brainstorming di qualità.
Il connubio tra la curiosità e la conoscenza permette di creare maggiori associazioni di idee, di approfondire molte sfumature di significato e ampliare le sintesi stilistiche.
Lo schizzo o sketching
La fase in cui si “buttano giù” le idee è forse il momento più istintivo di tutto il processo.
La matita sul foglio bianco scorre liberamente guidata solo dalle nostre sensazioni: nascono gli schizzi, che
“dal furor dello artefice sono in poco tempo […] espressi solo per tentare l’animo di quel che gli sovviene”
(Giorgio Vasari, 1511 – 1574)
I segni grafici sono ancora poco definiti, ma catturano nell’immediatezza l’idea del disegnatore come un’istantanea farebbe di una realtà sfuggente.
Vettorializzazione
È la procedura attraverso la quale avviene la trasformazione delle immagini analogiche in vettori digitali.
Questo avviene tramite appositi software di grafica vettoriale, noi usiamo Adobe Illustrator.
In questa fase lo schizzo viene trasferito sul computer ed è qui che si costruisce il logo nei dettagli, con particolare attenzione alle geometrie e all’equilibrio ottico.
Questo passaggio deve attuarsi rigorosamente in bianco e nero per due motivi precisi:
- NON AVERE LIMITI O INFLUENZE NELLA PERCEZIONE VISIVA
In questa fase creativa le forme sono primarie e perciò non si deve ancora prendere in considerazione i colori, che potrebbero influenzare la visione d’insieme del designer. - LE FORME DEVONO ESSERE SEMPRE LEGGIBILI A PRESCINDERE DAI COLORI
Il recente passato ci suggerisce un insegnamento: quando si inviava una lettera intestata con il logo aziendale tramite fax, il ricevente la visualizzava in un pessimo bianco e nero. Se il logo era poco leggibile, per non dire evanescente, era dovuto perché le forme, private dei loro colori originali, non erano ben definite. Lo stesso esempio si può fare con la stampa rotocalco in bianco e nero dei quotidiani. Il retino, con una densità di punti bassissima, comprometteva letteralmente la leggibilità di un logo progettato con molti colori o sfumature.
Font e colori
Soltanto ora è possibile definire i caratteri e le scelte cromatiche.
Nonostante questo sia un passo cronologicamente secondario rispetto alla definizione delle forme, non significa che sia meno importante, anzi.
Si pensi, infatti, che circa l’80% delle persone acquista un prodotto in base alla colorazione, tanto che esiste una vera e propria Psicologia del Colore, ampiamente usata nei processi creativi.
Il font, o carattere, è un elemento che in tutto questo lungo processo può apparire insignificante.
Niente di più sbagliato: esso evoca precise sensazioni e, se inappropriato, può andare ad incidere negativamente sull’obiettivo finale.
Provate ad immaginare il logo di un ristorante a quattro stelle: un carattere simpatico e giocoso come il Cooper non sarà assolutamente adatto, e la scelta andrà a ricadere piuttosto su un più lineare Arboria che trasmetterà il senso di raffinatezza voluto.
Attraverso il font, quindi, il logo può cambiare aspetto ed assumere toni amichevoli oppure moderni, eleganti o più sbarazzini, etc..
Revisione
Dopo aver definito forme, colori e font le varie proposte di logo vengono sottoposte e raccontate al cliente.
In questo frangente egli può chiedere di effettuare le modifiche che ritiene necessarie per la definizione del logo aziendale in cui si deve rispecchiare e che lo accompagnerà per tanti anni.
Brandbook
Ora che il logo è progettato e definito in tutte le sue parti, l’agenzia di comunicazione si occupa anche di redigere il “brand book”, un manuale di istruzioni che prevede in modo dettagliato come applicare il logo aziendale in tutti i casi possibili: stampa, web, video, pubblicità, gadget, solo per citarne alcuni.
Lo studio grafico ha il dovere (se il lavoro gli viene economicamente riconosciuto) di riportare fedelmente in esso tutte le particolarità del logo, dei colori, dei font, delle dimensioni, al fine di definire in modo univoco l’identità dell’azienda e dare gli strumenti tecnici a tutti (anche ad agenzie che possono subentrare in un secondo momento) per il corretto uso dell’immagine coordinata dell’azienda.
Questa guida è come la “bibbia” da cui sviluppare la brand identity.
La consegna al cliente
Anche la consegna al cliente del logo ultimato deve avvenire con professionalità: il disegno del logotipo infatti viene fornito in più varianti digitali, ognuna idonea ai vari mezzi di comunicazione. Bisogna conoscere profondamente e tecnicamente il mondo della stampa, del web e del video per far sì che il cliente non si trovi in imbarazzo quando gli viene richiesto un formato specifico. La professionalità di un’agenzia di comunicazione si nota anche da queste particolari attenzioni che possono naturalmente influire sulla soddisfazione finale del committente.
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